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La nostra società sta affrontando due sfide cruciali: la lotta contro i cambiamenti climatici e la crisi energetica, entrambe correlate all’utilizzo di fonti fossili come petrolio, gas naturale e metano. L’enorme quantità di CO2 emessa quotidianamente nell’atmosfera dalla combustione di queste fonti energetiche sta alla base dei cambiamenti climatici. Allo stesso tempo, la difficoltà nell’approvvigionamento energetico, con conseguente aumento dei costi, è dovuta alle restrizioni sull’acquisto di gas e petrolio russo, imposte per evitare di finanziare l’invasione dell’Ucraina. La soluzione a entrambi i problemi consiste nel ridurre il nostro fabbisogno energetico e generare l’energia necessaria tramite l’utilizzo di fonti di energia rinnovabili.

Il settore domestico contribuisce in modo decisivo all’inquinamento ambientale, tramite l’eccessiva produzione di rifiuti, gli sprechi di acqua e, soprattutto, la produzione ed emissione di CO2. In questo contesto, dopo un anno di trattative, il Parlamento europeo ha approvato con 370 voti favorevoli la direttiva “Case green” (Energy performance of building directive, EPBD), un piano di ristrutturazioni per gli edifici residenziali, a partire da quelli meno efficienti dal punto di vista energetico. Il piano prevede lo stop degli incentivi per le caldaie a metano, incentivando i sistemi ibridi e l’elettrificazione, imponendo regole più rigorose per gli immobili di nuova costruzione e promuovendo l’installazione di impianti fotovoltaici, sia nel privato sia nel pubblico.

Il testo della direttiva EPBD, nato all’uopo di riqualificare il parco immobiliare dell’UE e migliorarne l’efficienza energetica, potrà subire modifiche. Durante le trattative, la direttiva è già stata soggetta a diverse modifiche, con un’attenzione crescente sull’adattamento a livello nazionale degli indicatori per la sua attuazione, anziché sull’armonizzazione a livello dell’Unione Europea, rimanendo in ogni caso un elemento cruciale della strategia del Green Deal per la riduzione delle emissioni e per il miglioramento dell’efficienza energetica.

Cosa prevede la nuova direttiva EPBD?

Obiettivo: Zero emissioni nel 2050

In primo luogo, la direttiva stabilisce l’obbligo di costruire immobili privati a zero emissioni a partire dal 2030, mentre i nuovi immobili occupati dalle autorità pubbliche o di loro proprietà dovranno raggiungere questo target già a partire dal 2028.

Per quanto riguarda gli edifici residenziali non di nuova costruzione, i Paesi membri dovranno adottare misure per assicurare entro il 2030 una riduzione di energia primaria media utilizzata pari ad almeno il 16% rispetto al 2020, e almeno il 20-22% entro il 2035. Agli Stati membri è inoltre imposta la ristrutturazione del 16% degli edifici non residenziali con le peggiori prestazioni entro il 2030, e del 26% entro il 2033, al fine di rispettare i requisiti minimi nazionali di prestazione energetica stabiliti per il settore edilizio.

Entro il 2050, il parco residenziale dovrà essere a zero emissioni. I Paesi hanno pieno potere decisionale sulla selezione degli edifici su cui concentrarsi, ma devono garantire che almeno il 55% della riduzione del consumo medio di energia primaria sia ottenuto attraverso la ristrutturazione degli immobili con le peggiori prestazioni.

Impianti solari per gli immobili ad uso pubblico 

Altro obiettivo della direttiva EPBD è quello di riuscire a sfruttare in modo efficiente il potenziale degli impianti fotovoltaici e solari termici. La direttiva infatti dedica un articolo specifico all’energia solare negli immobili non solo di nuova costruzione ma anche quelli in fase di ristrutturazione.

Gli Stati membri infatti dovranno garantire che i nuovi edifici siano “solar-ready”, cioè idonei a ospitare impianti fotovoltaici o solari termici sui tetti. L’installazione di impianti di energia solare diventerà norma per i nuovi immobili. Per gli edifici pubblici e non residenziali esistenti, l’energia solare dovrà essere installata gradualmente, a partire dal 2027, laddove ciò sia tecnicamente, economicamente e funzionalmente fattibile.

La fine dei combustibili fossili: Più spazio agli ibridi

Anche sull’impiego delle caldaie alimentate da combustibili fossili, la direttiva propone una strategia graduale invitando gli Stati membri a formulare misure specifiche per facilitare questa transizione nel settore del riscaldamento e del raffreddamento. Gli Stati membri devono elaborare piani dettagliati per l’eliminazione progressiva dell’uso dei combustibili fossili nel settore del riscaldamento e del raffreddamento, con l’obiettivo finale di eliminare totalmente le caldaie alimentate da tali combustibili entro il 2040.

A partire dal primo gennaio 2025, dovranno essere sospesi sussidi per l’installazione di caldaie autonome che funzionano con combustibili fossili. Tuttavia, la direttiva esclude dal divieto i sistemi di riscaldamento ibridi e le caldaie certificate per funzionare con combustibili rinnovabili come idrogeno e biometano. Ciò si configurerebbe come un’opportunità per gli edifici idonei, i quali potrebbero beneficiare di agevolazioni.

Gli apparecchi ibridi saranno infatti centrali per il nuovo sistema di agevolazioni, così come l’elettrificazione dei riscaldamenti e l’utilizzo delle pompe di calore, fondamentali per consentire l’impiego di energie rinnovabili nei nuovi edifici a zero emissioni.

Eccezioni

Secondo quanto riportato nel testo della direttiva, sono previste alcune eccezioni. La nuova normativa, infatti, non sarà applicabile agli edifici agricoli e quelli storici. Inoltre, gli Stati membri potranno escludere dalle ristrutturazioni altri edifici protetti per il loro particolare valore architettonico o storico, gli edifici considerati temporanei, i luoghi di culto, le proprietà autonome di meno di 50 metri quadrati di superficie, egli eifici residenziali che sono usati o sono destinati ad essere usati meno di quattro mesi all’anno o, in alternativa, per un periodo limitato dell’anno e con un consumo energetico previsto inferiore al 25 % del consumo che risulterebbe dall’uso durante l’intero anno;

Il metodo con cui tali immobili saranno identificati non è ancora del tutto chiaro. Quanto è evidente invece è che l’obiettivo è quello di concentrare l’attenzione sugli edifici ad alto consumo energetico e più frequentemente utilizzati.

L’attuazione della direttiva in ogni Stato membro

Sul piano operativo, saranno i singoli Stati membri a definire non solo le eventuali esenzioni della norma, ma anche tutte le misure e gli incentivi necessari a raggiungere i target stabiliti. Il margine di applicazione della direttiva è molto ampio, di fatti gli Stati membri potranno adeguare gli obiettivi in base all’effettiva disponibilità di manodopera qualificata e alla fattibilità tecnica ed economica dei lavori di ristrutturazione. Ciascun Paese è tenuto a redigere un piano nazionale di ristrutturazione che dovrà essere realistico e prevedere anche misure che facilitino l’accesso ai finanziamenti, un sistema di incentivi per chi avvia significative ristrutturazioni, sovvenzioni per le famiglie vulnerabili e anche l’istituzione di punti informativi gratuiti, inerenti all’efficientamento energetico edilizio.

La direttiva al momento non prevede sanzioni particolari per coloro i quali non adeguino i loro immobili ai nuovi standard entro i tempi stabiliti e non sono previste limitazioni alla vendita o all’affitto delle abitazioni per coloro che non possiedono il “bollino verde” dell’Unione Europea. È pertanto lasciato all’arbitrio dei governi nazionali decidere quali sanzioni applicare, oltre alla perdita automatica di valore degli immobili non conformi alle normative.

Un focus sulla Repubblica Ceca

La Repubblica Ceca utilizza le seguenti fonti di energia: 35,5% carbone, 25% petrolio, 17% gas, 16% energia nucleare, 6% rinnovabili. Dunque, il 78% circa dell’energia del Paese proviene da combustibili fossili. Questi dati iniziali sono importanti perché fanno riflettere su quanta strada questo Paese debba ancora percorrere per raggiungere l’obiettivo di rendere l’Unione Europea il primo continente a zero emissioni di gas serra entro il 2050. La Repubblica Ceca genera il 3.5% delle emissioni di gas serra a livello europeo e dal 2005 ha ridotto le emissioni ad una velocità più bassa rispetto alla media degli altri Paesi dell’Unione. Infatti, nonostante le emissioni di gas serra in Repubblica Ceca siano in diminuzione dal 1990, il Paese rimane al terzo posto nell’UE per emissioni pro capite.

Nonostante, negli ultimi 30 anni, in seguito allo smantellamento dell’economia pianificata sovietica, la Repubblica Ceca abbia attraversato una grandissima trasformazione economica riducendo le emissioni di gas serra, le emissioni sono successivamente diminuite più lentamente. Infatti, lo slancio ambientale degli anni novanta nell’area ceco-slovacca è andato a scemare nella Repubblica Ceca di oggi, tanto che all’interno dell’Unione Europea si configura come uno dei Paesi a più alta intensità di carbonio. Qui gli immobili causano il 10% delle emissioni totali di gas serra del Paese. Il governo ha avviato varie misure atte ad incoraggiare l’isolamento dei palazzi, ridurre il riscaldamento e sostituire le obsolete tecnologie inquinanti con quelle più nuove a bassa emissione.

Il metodo più efficiente per ridurre le emissioni causate dal riscaldamento delle case è ridurre la domanda di energia isolando bene gli immobili, istallando sistemi di controllo del calore intelligenti e cambiando le abitudini dei proprietari. Per raggiungere l’obiettivo di zero emissioni di gas serra entro il 2050 descritto all’interno del Green Deal e coglierne a pieno i benefici, la Repubblica Ceca dovrebbe accelerare e migliorare tutte le misure messe in atto.

In merito alla riduzione delle emissioni di gas serra, la Repubblica Ceca punta a ridurle del 30% entro il 2030. Le principali misure adottate per raggiungere tali obiettivi sono promuovere la mobilità elettrica e il trasporto sostenibile e fornire incentivi per rinnovare i palazzi. Inoltre, il NECP prevede già misure per sostituire le caldaie a carbone e intraprendere campagne di sensibilizzazione sull’efficienza energetica delle case e le nuove tecnologie domestiche per ridurre inquinamento e spreco di energia. Il processo di decarbonizzazione include anche un maggiore utilizzo di risorse rinnovabili.

Fonti: https://www.ilsole24ore.com/, https://www.idealista.it/, https://ediltecnico.it/, https://www.rinnovabili.it/, https://www.greeneuropeanjournal.eu/

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